Roberta Cardenio - Modella


“Sono in un film?
Ancora oggi sono incredula verso tutto ciò che stiamo vivendo.
Una pandemia non avrei mai immaginato di viverla...
Ho passato gli ultimi due mesi chiusa in casa ,non uscivo neanche a fare la spesa ,con il terrore che il
virus fosse li ,sull’uscio della porta .L’unico rapporto che avevo con l’ esterno era guardare attraverso
la finestra...la mattina m svegliavo e la prima cosa che facevo era guardare fuori...nessun rumore di
traffico ,nessun vociferare di persone, ma solo il fruscio del vento che attraversava le foglie degli alberi

e un raggio di sole che attraverso il vetro della finestra disegnava un fascio di luce dorata sulla pare-
te...surreale !Cercavo di tenermi il più possibile impegnata , per allontanare l’angoscia che il pensiero

della mia famiglia lontana mi causava .E se fosse successo qualcosa ?Benedetta la tecnologia! L’antido-
to alla mia angoscia. Le videochiamate sono state un ‘ancora di salvezza per tanti di noi.

Questo tempo trascorso tra le quattro mura di casa, credo che ci abbia messo tutti alla prova.
È stato un periodo di riflessione ...Guardando attraverso la finestra la natura appariva imperturbabile,
indifferente agli sconvolgimenti della nostra vita.
Il cielo mai, così limpido e pulito sembrava prendersi beffa di me che con il naso appiccicato contro il

vetro della finestra sognavo di andare a piedi nudi sulla sabbia di una spiaggia della mia costiera amal-
fitana. Nella vita quotidiana andiamo talmente di fretta che ci perdiamo le piccole ma bellissime cose.

Sulla terrazza di fronte, una coppia di anziani si abbracciava e applaudiva all’inno d’Italia: una scena
commovente .

Le nostre finestre in questo periodo sono state il nostro contatto diretto con il mondo esterno...pur-
troppo attraverso il vetro abbiamo visto anche scene che non avremmo voluto vedere, come le tante

ambulante da cui scendevano strani astronauti che speravamo potessero salvare le nostre vite.
La domanda che mi pongo adesso è: cosa ci aspetta ora oltre la nostra finestra? Il mondo al di fuori è
cambiato, noi siamo cambiati, i nostri comportamenti e la nostra mentalità. La nostra vita non sarà
più la stessa.
E per ora ci potremo sentire al sicuro solo dentro le nostre case continuando a guardare oltre quel
vetro che ci protegge e filtra lo spettacolo della natura ancora più bella, per i benefici che ha ricevuto
dal lockdown che ha paralizzato le nostre vite.

Saturinino Celani - Polistrumentista, compositore e produttore discografico italiano


“È l'unica situazione in cui mi è capitato di aver conosciuto una ragazza attraverso i social.. Ci siamo scritti e successivamente abbiamo socializzato, io dal terzo piano, dalla mia finestra, lei invece sotto in strada..ed abbiamo parlato così.
Ci siamo scritti, “ma tu abiti qui..”, “..sì io abito qui!”, io mi sono affacciato dalla finestra
ed ho parlato con lei mezz'ora..
La cosa incredibile e surreale è che c'era un tale silenzio che mi permetteva di parlare con un tono di voce normale pur trovandomi sul balcone del terzo piano e lei in strada
Come se fossimo a pochi centimetri..che paradosso! Una distanza sociale e fisica che avvicina due persone..che mi ha permesso di sentire tutte le sfumature della sua voce e di distinguerla da tutto il resto...
Come se fossimo a pochi centimetri..che paradosso! Una distanza sociale e fisica che avvicina due persone..che mi ha permesso di sentire tutte le sfumature della sua voce e di distinguerla da tutto il resto.”

Claudio Ligato - Designer director
Direttore creativo di Class Cavalli, Elie Saab


“Era una giornata delicata e senza sole in un momento che ogni stato d’animo si eleva nel silenzio... è il mio lo era. Guardare attraverso quel vetro mi dava un senso di protezione, ma non riuscivo a fare a meno di specchiarmi per capire la mia espressione leggermente sfocata... come quel momento dove il mio pensiero era annebbiato e per qualche modo inspiegabilmente sereno...
Quel vetro era uno scudo ma anche una lente, uno specchio dove si rifletteva la mia faccia che l’obbi- ettivo cercava di catturare..., ma io in quei momenti sognavo..Si!
Perché dietro quel vetro riuscivo ad immaginare un mondo colorato, silenzioso, bello dove la natura non può fare ameno di noi e noi di lei. Sì proprio come un amore folle... interminabile..
non come quella giornata grigia e unica per tutti noi.”

Gigio D’ambrosio- Dee Jay
Coduttore radiofonico di RTL


“Da tanti anni trascorro molte ore della mia giornata dietro un vetro. Un’abitudine consolidata perché è un elemento costante e necessario nel mio mestiere che viaggia oltre il contatto fisico.
Io posso comunicare solo attraverso un microfono.
E non cambia se oltre la barriera trasparente c'è la presenza di un fonico o i producer di uno spot pubblicitario...
o di un documentario, o un direttore di doppiaggio, oppure milioni di persone che da un altoparlante ascoltano la radio.
Non importa... dietro a quel vetro c'è sempre qualcuno che in diretta o in differita riceverà quell'arco- baleno di emozioni che un essere umano è capace di "trasmettere".
Qualsiasi vibrazione sonora oltrepasserà quella lastra isolante e trasparente, trasformando le sfuma- ture di una voce in un contatto reale, un abbraccio virtuale che viaggia oltre la dimensione fisica. Bastano il cuore e la passione di chi ha voglia di "comunicare"...
per annullare ogni distanza e qualsiasi barriera."

Gaia Danieli - Manager
Field Sales Executive presso Getty Images


“Che cosa avrei fatto oggi, un anno fa?
Non avrei mai pensato di trovarmi nella condizione di dover vivere isolata da tutto e da tutti per piu’ di due mesi, limitata in spostamenti e azioni. Abbiamo visto arrivare la pandemia senza crederci veramente e oggi ciò che ci sembrava naturale, quasi scontato, cessa improvvisamente di essere tale. Questo virus ci sta costringendo a ridisegnare il nostro modo di concepire spazio e tempo. Nella crisi sanitaria, economica, finanziaria e umana nella quale ci troviamo abbiamo pero’ la possibilita’ di metterci in discussione e ripensare al nostro modo di vivere in un mondo troppo spesso violentato dalla nostra stessa esistenza. Guardo fuori dalla finestra e vedo strade vuote, sento ambulanze piu’ che rintocchi di campanile e quando vado al supermercato, vedo mascherine piu’ che volti. Quello che preoccupa non è solo il presente, ma il dopo. Che cosa diventano i rapporti umani in un paese che si abitua a vivere in questo modo non si sa per quanto tempo? E che cosa è una società che non ha altro valore che la sopravvivenza?
Che cosa non farei piu’ oggi, rispetto a un anno fa?”

Maria Elena Marabotto - TV Producer
Produttore delegato/curatrice presso Sky Italy


“E’ stato un tempo di spazi ristretti, di tempi dilatati e di barriere tra noi e il mondo altro.
Un tempo fatto di al di qua e di al di là. Di prospettive, di punti di vista.
Tutto più che mai amplificato.
Ed il vetro è un muro, seppur trasparente e più delicato. E’ distanza, limitazione, è confine. Uno sguar- do da un confinamento di cristallo.
Ma il vetro, al contrario del muro, puoi romperlo più facilmente, anche solo decidendo di aprire una porta per passare dall’altra parte.
Come vedere il proprio appartamento dalle finestre del palazzo di fronte. E coglierne luci, movimenti, suoni, ombre e colori come mai prima.
Vederti come ti vedono gli altri.
Un passaggio, ancora e soprattutto di punto di vista, è un cambiamento.
E il cambiamento fa paura, é spiazzante.
Decidere di passare da una parte all’altra è decidere di far vincere la curiosità sulla paura. E’ superare una barriera per vedere cosa c’è oltre. E’ più spazio, è consapevolezza, curiosità, conoscenza, amore. E’ una rivoluzione. Forse un po' in tutte le cose della vita.
Dietro ogni vetro ci sono due storie sospese tra di qua e di là. A solo un passo.
Che secondo me vale sempre la pena fare.”

Maurizio Cerabino - Medico
Urologo Andrologo presso l'ospedale di Legnano


“La quarantena per me che sono un medico ospedaliero è stata una realtà a due facce.
Come tutti, ho dovuto rinunciare a tante cose e stare al di qua del vetro, a casa. Ma sono anche andato di là dal vetro. Ogni giorno in ospedale, presente sul campo di battaglia.
Al lavoro la sfida è tuttora difficile. Non solo per l’urgenza di salvare vite, ma personalmente è ancora dura confrontarsi con un cambio totale di routine. Sono chiusi molti reparti, convertiti in spazi di cura per gli infettivi. Non possiamo più operare in ambito chirurgico e specialistico, occuparci del lavoro per cui abbiamo a lungo studiato con specializzazioni e master. Spesso il pensiero va a quei pazienti che avrebbero bisogno di noi, particolarmente gli oncologici, e invece sono a casa. In attesa, sospesi. Quindi mi sono trovato ad affrontare nuove sfide, con sentimenti contrastanti, tra la voglia di imparare a fare cose nuove, la disponibilità a rendermi utile e la paura di non riuscire fino in fondo, con tutti quei pazienti che avevano bisogno di aiuto.
Trattare i malati Covid mi ha messo di fronte a casi che non avevo mai affrontato prima. Ci siamo trova- ti in rianimazione a formare equipe di figure professionali provenienti da altri reparti, tutti dedicati all’emergenza. Ai malati che continuavano ad arrivare. Pazienti a cui veniva meno il respiro, con i caschi dell’ossigeno.
E poi c’è la quarantena domestica. Arrivo a casa la sera, dopo ore e ore in piedi in ospedale, e mi aspet- ta la solitudine. E tanto silenzio, specialmente il primo mese. Ora un po’ meno.
Stride con il tanto rumore dell’ospedale, l’interazione coi colleghi. Una socialità tra operatori che non si è mai persa, anche se filtrata dalle mascherine. Il silenzio di casa stride anche con il rumore degli erogatori di ossigeno, un fischio incessante, tutto il giorno. Ti entra nella testa.
A casa sono da solo. Ho dovuto prendere le distanze dalla mia famiglia, per non rischiare di contagiarli. Ho dovuto accettare di poterli vedere solo in video. Vedere quindi, senza toccare, stringere o abbraccia- re. Mi sono isolato. Ho dovuto abituarmi a non addormentarmi più stando abbracciati. A svegliarmi da solo.
Fuori dal vetro vedo un mondo sospeso. Il vuoto delle strade, ma anche la vitalità dietro le finestre. Tante luci accese, terrazzi solitamente poco usati che hanno preso vita. Vita domestica, calore e condi- visione, che un po’ ho invidiato e che ho visto molto anche da dietro al vetro dell’auto, guidando tra casa e l’ospedale. Ho visto tante vie deserte, mi sentivo come in una bolla, nei giorni più duri. A volte mi trovavo a guidare in autostrada o in città, completamente da solo, senza avvistare nessuno per diver- si chilometri, sentendomi come un ultimo sopravvissuto.”

Johannes March - Imprenditore
Presta volontariato consegnando beni di prima necessità alle persone meno abbienti.


“La quarantena è l’atto di isolarsi rimanendo in casa per contrastare una malattia contagiosa.
A causa del Coronavirus Covid-19 lo Stato italiano ha decretato il blocco di tante attività e l’isolamento forzato di tante persone.
Ci hanno detto che “estraniarsi e non creare aggregazione sociale è fondamentale in un periodo così delicato come questo. E’ importante in un momento così storico non farsi prendere dal panico”. Uscire di casa, tornare a casa: sono due gesti quotidiani in apparenza banali, ma che oggi assumono un formidabile senso simbolico.
Oggi più che mai, mentre siamo liberi di scegliere le nostre azioni, non siamo liberi di scegliere le con- seguenze delle nostre azioni.
La solitudine è ed è stata in questo periodo l’esperienza centrale e inevitabile di ognuno di noi.
Vivo questi giorni scorgendo dietro un vetro la vita che, se da un lato passa, dall’altro sembra essersi fermata; riesco a percepire suoni e rumori che in una metropoli come Milano sembravano non esistere. Tutto questo mi dà il tempo di riflettere...
Questo vetro, se da una parte mi isola e mi protegge da tutto quello che accade lontano ma così vicino a me, dall’altra mi regala la possibilità di osservare il mondo e le persone con un occhio diverso: mi permette di vedere oltre le cose effimere regalandomi grandi opportunità.
In questi giorni, come tutti, sono dovuto stare lontano dalle persone che amo perchè ciò è diventato un modo per proteggerle ed amarle ancora di più.
Ho visto i nostri medici, infermieri, alpini e tutto un mondo che davo per scontato, adoperarsi dando l’anima per aiutare tutti noi.
È stato proprio quando ho preso coscienza di quanto siamo piccoli dinanzi ad eventi del genere che ho deciso, con tutta la mia determinazione, di mettermi al servizio delle persone più bisognose che non hanno gli strumenti per affrontare e superare questo difficile momento. Ho deciso di diventare un volon- tario, di essere una di quelle persone che vengono definite “angeli” quando regalano supporto e aiuto nel momento del bisogno.
Ho capito che la libertà è come l’aria: ci accorgiamo di quanto sia necessaria quando inizia a manca- re.”

Alessia Mauri - Ballerina


“La porta finestra del mio salotto è stata l'unica reale prova che là fuori ci fosse ancora qualco- sa di vivo e in continuo cambiamento.
L’ho scoperto quando ho visto che le piante crescevano e cominciavano a creare foglie nuove e fiori, dopo quasi un mese di quarantena.
Tutta la mia realtà da un giorno all’altro è rimasta dietro quel vetro, limitata ma nel frattempo quasi del tutto esaustiva.
Ho scoperto di poter fare qualsiasi cosa all’interno del mio bilocale: tutto, tranne ballare.
Ho, e sto tutt'ora, insegnando danza da casa, è il mio lavoro, ma questo non è ballare.
Avrei voluto proiettare dalla finestra la mia immagine per poter ballare libera e sospesa in cielo, come un’ologramma; io in mezzo alle case: gambe, braccia e capelli che si muovono in tutto quello spazio, lo utilizzano per danzare e nel frattempo creare uno spettacolo per gli altri,
la musica che risuona all’aperto senza paura di dar fastidio, senza l’austerità che ci stanno imponendo.
Uno spettacolo si, qualcosa che forse per molto tempo non potremo più vedere né mettere in scena dal vivo, quasi mi basterebbe vedere una performance fuori dalla mia finestra, non più davanti ad uno schermo, con persone che reagiscono alle mie espressioni nel guardarle, con interazioni vere, anche se divise dal vetro della mia finestra.
La danza è la mia cura.
L’interazione è la mia cura. La vita là fuori è la mia cura. ”

Luciana De Lauretis - Medico
Medico specialista in ginecologia e medicina della riproduzione


“Tutto era cominciato con il maestro di matematica e scienze in seconda media. Lui e il suo uovo nell’aceto! Lo stupore, il mistero, la magia e l’illusione davanti alla trasparenza dell’uovo sono stati la prima folgorazione, l’inizio di un viaggio, allora inconsapevole, verso la scoperta: il viaggio della mia vita. Sempre attenta a non rompere quella membrana tanto sottile quanto potente: poter guardare, osservare, capire, sognare e immaginare il mistero della vita, stando attenti a non infrangere la membrana per non finire di distruggere il contenuto di una forma così perfetta e perdere così la possibilità di capire. E il gusto voyeristico di guardare per scoprirne i segreti...
Anni dopo, forse per caso, forse per necessità, la mia vita sarebbe approdata nuovamente sulla trasparenza dell’uovo e il mistero e la forza dentro di esso mi avrebbero catturato in modo tota- lizzante, entrando nel mio quotidiano come una magnifica ossessione... Il mistero della vita! Impenetrabile, inevitabile, potente e sempre vincente sulla morte. La forza della vita trascende il fine della vita stessa, anzi, sa anche come stravolgerla e dominarla... quante volte mi sono persa nello stupore e nella mediocrità osservandone la potenza e la perfezione strategica!
Ho pensato fosse possibile controllare o indirizzare la forza di questo inevitabile, ho giocato ‘a fare Dio’ per un po’ di tempo, ma era pura presunzione, pura e stupida vanità! Mi sono ritirata nei ranghi degli artigiani, consapevole di essere solo un semplice facilitatore nella realizzazione di un disegno fatto altrove. E che mi sfugge..
E in questi giorni la trasparenza ritorna, e non capisco se sono io nell’uovo o se è il mondo fuori... di sicuro il vetro mi protegge. Fuori c’è il silenzio : meraviglioso della natura e terribile della morte. Fuori c’è anche un tempo sospeso, come è sospeso dentro l’anima. Il vetro aiuta a non polverizzarsi nel vento, a ricompattare il mondo interiore. E a immaginare e inventare un mondo fuori pieno di tante anime in cerca di piccole uova trasparenti dove entrare ed essere accolte. E che mi stanno aspettando: il mondo, le mamme, i papà, le scuole avranno bisogno di tanti, nuovi bambini...”